Elena sogna un viaggio di nozze in sella negli States, Luca però non ha mai guidato una moto. Ma per amore si è pronti a tutto, anche a domare la mole di un’Electra glide. Ecco il racconto in prima persona di un viaggio di iniziazione.
Mi sveglio sbarrando gli occhi verso il sotto. Fuori dalla finestra, l’alba sui monti del Colorado.
È solo il secondo giorno ma l’avambraccio sinistro già formicola, indolenzito per gli sforzi di ieri sulla frizione, lungo i tornanti delle Rocky Mountains. Per un attimo mi chiedo se non sia stata una decisione troppo avventata, per noi sposini freschi ed inesperti, di imbarcarsi in questa avventura che ci porterà ad attraversare il vecchio west in sella ad una monumentale Harley-Davidson. Quando un anno e mezzo fa Marco Mencaccini ci ha presentato il viaggio, sembrava tutto così facile. Per amore ho preso la patente per la moto, e pur desiderandone una vera, non mi sono mai spinto oltre lo scooter. Elena ha sempre detto di sognare l’America, ecco che all’improvviso si presenta l’occasione di attraversare l’oceano e scoprire le meraviglie degli States, come resistere? Ma la strada vera è un’altra cosa: partiamo da Denver, cielo grigio e temperature tutt’altro che miti ci fanno da subito capire che è meglio essere preparati ad ogni tipo di sorpresa. Prima di metterci in marcia Marco ci presenta quelli che saranno i nostri compagni di viaggio, tutti più esperti di noi.
La prima giornata è caratterizzata della mia inesperienza alla guida, ulteriormente messa alla prova dalla pioggia e da un piccolo ed inatteso tratto di sterrato per raggiungere un lago. Ma miglio dopo miglio, ci rendiamo conto con sempre più entusiasmo di essere negli Stati Uniti, quelli veri. Ora sappiamo perché si dice che viaggiare in moto ti fa vivere il paesaggio in modo più pieno, più penetrante. Non è solo un guidare per attraversare luoghi e paesaggi, si tratta in realtà di viverli, respirarli.
Arrivati in hotel ogni sera, è splendido potersi scambiare i racconti di viaggio. Perché è come se fossero due viaggi in uno. Io, da guidatore non posso fare a meno di concentrarmi sulla strada, sulle sue curve, sui suoi bordi, sull’andatura del gruppo e dell’ultima moto avanti a me.
Lei, da passeggera, vede animali, rocce, paesaggi, che fotografa ed immortala per entrambi. Questo viaggio in moto ci rende ancora una volta, e sempre di più, una cosa sola. Lei, io e la moto siamo una squadra. E questo si è dimostrato in tutta la sua forza in tanti momenti nel nostro percorso: affrontando la San Juan Skyway, che solo più tardi scopriamo essere una delle strade più pericolose al mondo. O attraverso la Death Valley, costretti a versarci addosso le bottigliette d’acqua per sopportare meglio il calore di Fournace Creek.
Immersi nella nebbia, lungo la Pacific Highway, verso il Big Sur, direzione Los Angeles. È così che tappa dopo tappa, ci sentiamo sempre più parte di questi luoghi. Nuovi e moderni pionieri, che scoprono come anche percorrere l’autostrada si possa trasformare, come dice Marco, “da un trasferimento a un’esperienza”. Scoprire cosa vuol dire viaggiare compatti, mantenendo il limite, facendo attenzione ai truck: mostri della strada enormi che negli specchietti sembra non rallentino mai, arrivando a schiacciarti. Il nostro gruppo è come un unico animale che si muove in maniera uniforme. Cosa apprezzabile soprattutto da me, che ogni giorno di più riesco a tenere il passo del gruppo. È incredibile l’accostamento che stiamo constatando tra civiltà e natura, come se la prima fosse passata insinuandosi nella seconda, ma senza schiacciarla, perché impossibile da annientare.
Le grandi città non ci colpiscono quanto gli spettacoli naturali attraversati: hanno il loro fascino nell’altezza dei loro grattacieli, nella massa informe della gente, ma non quanto il Grand Canyon, che dà le vertigini e riempie la vista. Non vedi nient’altro, davanti ed intorno a te. Se la Monument Valley è la Cappella Sistina dell’Arizona e del West, il Grand Canyon è sicuramente il suo Giudizio Universale. È bello come dai primi giorni da cuccioli del gruppo, quelli inesperti che vanno tenuti d’occhio perché non finiscano fuori strada, pian pianino stiamo sgusciando; ogni miglio in più, rinasciamo come bikers e come persone, stringendo nuove amicizie che prima non pensavamo di avere. Tornati a casa io ed Elena saremo sempre noi, insieme, ma un po’ diversi, pronti veramente a rimetterci in sella, perché il viaggio non finisce mai.